Non si sono sprecate le parole per definire quello che è stato il responso delle urne alle elezioni dello scorso 4 marzo. Responso che ha ridisegnato in maniera inequivocabile un nuovo rapporto di forze politiche con il quale bisogna fare i conti: Movimento 5 stelle primo partito in Italia e in gran parte delle regioni del Sud, Basilicata compresa; Centro Destra prima coalizione; tonfo del Pd.
Mentre a Roma è iniziato il toto-maggioranza con diverse ipotesi sulle coalizioni che possano garantire governabilità al paese, in Basilicata, regione nella quale parlare di terremoto è voler usare un eufemismo, si prova ad analizzare un risultato elettorale che è andato oltre ogni previsione. Negativa, ovviamente.
Soprattutto per il Pd che diventa il terzo partito dopo M5s e Centro Destra. Che porta in Parlamento solo due candidati: Vito De Filippo alla Camera e Salvatore Margiotta al Senato. Che non riesce ad eleggere in Basilicata il suo uomo di punta, Gianni Pittella, il quale anche nella sua Lauria viene superato dal candidato pentastellato, Saverio De Bonis.
È il risultato che più colpisce e che probabilmente non è conseguenza soltanto del successo anche in Basilicata del M5S. Probabilmente c’è dell’altro.
Quando il segretario regionale del PD Mario Polese afferma che da subito bisogna aprire “un’approfondita riflessione”, sicuramente si dovrà affrontare anche il caso Pittella.
Non siamo politologi ma, se la memoria non c’inganna, nella fase di costituzione delle liste qualche mugugno si registrò. Più di qualcuno non condivise candidature come quelle di Viceconte e Barra. Ed altri ancora non accettarono di buon grado l’eliminazione.
Cosa vogliamo dire? Che più di qualcuno probabilmente si è voluto togliere la cosiddetta “pietruzza” nella scarpa. A pagarne le conseguenze Gianni Pittella, personalità politica di grande spessore che dal Parlamento Europeo ha deciso di mettersi al servizio della sua regione e, più in generale, del Mezzogiorno.
Pittella con il sistema del “paracadute” è stato eletto nel collegio Campania 3 ma la sconfitta in casa è difficile da accettare. Per gli stessi suoi sostenitori.
Con il sistema del “paracadute” è stato eletto anche Roberto Speranza il portavoce di “Liberi e Uguali”, partito che è andato molto al di sotto di ogni previsione superando di poco la soglia del 3%. In Basilicata è andata meglio: il 6,44% è stata la percentuale più alta d’Italia – come rimarca giustamente il coordinatore regionale, Antonello Molinari – anche se, con onestà, riconosce il risultato negativo del suo partito sebbene ritenga che ciò sia avvenuto perché Liberi e Uguali è “soggetto politico sorto a ridosso delle elezioni, ancora accomunato agli occhi dell’opinione pubblica, nonostante la scissione, alle deludenti esperienze governative del PD”.
Se questo è accaduto – e noi ne siamo convinti – è anche perché gli elettori non hanno premiato il tentativo, mal riuscito, di riaccreditarsi come alternativa ad un Partito Democratico con il quale fino all’altro ieri i componenti di “Liberi e Uguali” hanno condiviso anche provvedimenti legislativi. Come dire ”scurdámmoce ‘o ppassato” non ha funzionato.
Come in questa campagna elettorale non ha funzionato il buttare alle ortiche tutto quello che è stato fatto in Basilicata, ritenendo che fosse tutto negativo. Si è fatto il gioco dei grillini che hanno avuto “i denigratori a prescindere” loro alleati al punto che i consiglieri regionali Gianni Perrino e Giovanni Leggieri hanno chiesto le dimissioni del presidente della Giunta regionale Marcello Pittella.
A stretto giro di posta ha risposto loro Maurizio Bolognetti. “Dovrebbero chiedere le dimissioni di Caiata, di Petrocelli, dello stesso Rospi e magari le dimissioni in blocco dei membri che hanno occupato, nella precedente legislatura, la Commissione bicamerale sul ciclo dei rifiuti”. “Dimettetevi in massa – afferma Bolognetti – per tutto ciò che non avete fatto, al di là di chiacchiere e cappelli, per difendere la nostra Basilicata”.
E parlando di dimissioni, a sorpresa sono giunte quelle del capo gruppo regionale di Lb-Fratelli d’Italia, Gianni Rosa. “Il partito regione è stato finalmente abbattuto”, ha affermato Rosa. “Ma – ha aggiunto – il centro destra ha dimostrato di non essere polo attrattivo o sufficiente a guidare la Regione. Per questo ci impegneremo ancora di più a dimostrare che, oltre al disfattismo dei cinque stelle c’è di più”. All’interno di quale gruppo politico non è dato sapere. Al momento.