Il titolo è stato tra i più ricorrenti all’indomani degli arresti delle 30 persone coinvolte, a vario titolo, nell’inchiesta che ha “scoperchiato la pentola del malaffare”, così come emergerebbe dall’inchiesta della magistratura.
Potremmo aggiungerne altri, di titoli. Ma non certo le volgarità lette sui social da dove emerge il peggio che c’è in tutti noi: una sorta di vendetta contro il potere politico. Quasi a dire: “Finalmente. Dentro tutti e buttate la chiave”.
Certo: chi ha sbagliato deve pagare. Deve pagare soprattutto per rispetto dei tanti cittadini onesti che alla politica guardano con la speranza che dia risposte giuste e rispettose.
Ma a deciderlo siano i magistrati quando avranno verificato tutte le prove e soprattutto le motivazioni che hanno portato il Gip di Matera ad emettere i provvedimenti restrittivi una volta prese in esame le tesi difensive degli imputati. E non diciamo nulla di nuovo: lo prevede il codice di procedura penale. Ma aggiungiamo che al di là del livore che qualcuno potrebbe avere nei confronti degli indagati (spesso per motivi prettamente personali), c’è un principio sancito dalla Costituzione: la presunzione d’innocenza.
Viene dimenticato troppo spesso; soprattutto quando i protagonisti di questi “terremoti giudiziari” sono i politici.
La storia del nostro paese è stata scandita da troppe inchieste nelle quali politici e amministratori hanno avuto la propria vita stroncata da sentenze di condanna e riabilitati dopo anni. Quelle persone, sebbene riabilitate, non saranno mai le stesse. Soprattutto davanti all’opinione pubblica.
Sarebbe grave, come qualcuno tenta di fare, distinguere tra magistrati buoni (quelli che condannano) e magistrati cattivi (quelli che assolvono). Anche sul piano educativo non è un bel messaggio. Chiariamo: lungi da noi pensare che i giudizi siamo prevenuti o ancor più superficiali. Ma spesso questo è accaduto.
A riguardo, ci ritorna alla mente il caso drammatico di Elisa Claps: per anni si è fatto credere che il cadavere fosse stato sciolto nell’acido sulla base di un’ipotesi che avrebbe coinvolto più persone. Quando il cadavere di Elisa è stato ritrovato nel sottotetto della chiesa della Trinità a Potenza, nessuno ha avuto il coraggio di ammettere l’errore.
Ma torniamo all’inchiesta sulla sanità in Basilicata.
Dagli interrogatori di garanzia iniziati con i due imputati in carcere (Pietro Quinto e Maria Benedetto, rispettivamente Commissario e Direttrice amministrativa dell’Asm) si acquisiranno ulteriori prove a sostegno di tesi accusatorie o difensive. Sarà interessante sapere, se sarà possibile, cosa risponderà il Gip ai difensori del Presidente Pittella sulle motivazioni in base alle quali sono stati disposti gli arresti domiciliari che qualche perplessità hanno sollevato, soprattutto perché, come si legge nelle carte dell’inchiesta, la misura restrittiva dei domiciliari nei confronti del governatore lucano, sembra essere stata forzata per via della sua dichiarazione di ricandidarsi alle prossime elezioni regionali.
Mentre sono iniziati gli interrogatori, dell’inchiesta si è discusso martedì scorso in Consiglio regionale. Un dibattito corretto dopo la relazione dell’assessore alla sanità, Flavia Franconi, che ricopre, ad interim, l’incarico di Presidente della Giunta Regionale. “Abbiamo ritenuto opportuno ribadire la piena e totale fiducia nell’azione portata avanti dalla Magistratura, non senza sottolineare al contempo l’auspicio che il Presidente Pittella riuscirà a dimostrare la propria estraneità ai fatti contestati – ha dichiarato la Franconi – A nessuno sfugge la gravità del momento. Ma è in questi momenti che deve prevalere il senso di responsabilità di tutti, avendo di mira il bene comune dei lucani, al di là delle legittime opinioni politiche che nelle sedi e nei momenti opportuni ciascuno avrà modo di manifestare e difendere”.
Durante il Consiglio, ovviamente, sono emerse posizioni diversificate tra maggioranza ed opposizioni (LEGGI LE VARIE POSIZIONI) ma l’impegno del Governo regionale di andare avanti ci sembra l’atteggiamento più responsabile rispetto a richieste populistiche di chi avrebbe voluto che tutti si dimettessero per andare subito alle elezioni.