Il “brand Qualità Basilicata” , quale Marchio d’Area ed efficace strumento di marketing: è la proposta presentata dalla Cia, la Confederazione Italiana Agricoltori, all’Assemblea Regionale che precede l’VIII Conferenza economica della Cia che si terrà a Bologna dal 29 al 31 marzo.
L’idea progettuale – è stato sottolineato dai dirigenti regionali – parte dall’individuazione di un’area territoriale che si impegna a realizzare una rete di prodotti e servizi, sia pubblici che privati, tra loro omogenei, coordinati e complementari, non sovrapponibili e non concorrenziali.
Uno strumento legato da un mix di caratteristiche: ambientali, come paesaggio, flora, fauna; economiche, come attività agricole, industriali e di servizi; culturali e sociali, come eventi storici, espressioni artistiche, tradizione e folclore, abitudini religiose; agroalimentari, come produzioni tipiche.
Il Marchio d’area può diventare anche un importante strumento di gestione/governance territoriale. Di fronte alla competizione globale, agli scenari del cambiamento e alle sfide del futuro, l’ipotesi prefigurabile non è un mondo senza agricoltori, una agricoltura consegnata alle multinazionali alimentari ma un mondo con agricolture “plurali” e con agricoltori più protagonisti, in grado di innescare processi più integrati tra agricoltura, ambiente, turismo, artigianato, cultura, welfare, tra città e campagna, tra produttori e consumatori.
“Per questo – ha detto il presidente regionale vicario Nicola Serio – la Cia accetta e rilancia la sfida di Matera 2019 che è parte integrante del Marchio d’Area. Adesso la valorizzazione turistica deve procedere di pari passo a quella delle tipicità agroalimentari, con la realizzazione sul territorio e non solo a Matera di Musei del cibo e della tradizione contadina, una ristorazione che si richiami alle ricette e prodotti locali, l’ospitalità turistica alberghiera che valorizzi le tradizioni alimentari. Per questo, per la Cia lucana l’impegno successivo a Capitale Europea della Cultura 2019 è quello di Capitale della Dieta Mediterranea”.
“Nella competizione odierna diventa sempre più necessario – ha aggiunto il direttore regionale Donato Distefano – realizzare un valore aggiunto agricolo, centrato su risorse portatrici di cultura, e un saper fare che origina dalla storia delle strutture produttive di un territorio. Di qui la necessità di ripensare sviluppo e crescita economica in Basilicata attraverso un Patto per il Lavoro e la qualità occupazionale in agricoltura (sono oltre 30mila le persone che lavorano nel settore; negli anni 2014 e 2015 sono state denunciate 6 milioni di giornate di lavoro di cui 4 milioni da lavoro autonomo e 2 milioni da lavoro dipendente) e un progetto a sostegno dell’agroalimentare lucano. In sintesi agricoltura, ambiente e territorio sono i fattori fondanti per uno sviluppo diffuso e sostenibile. Per questo la Cia lucana “tiene la barra dritta” sulla tutela di ambiente e territorio”.
All’assemblea della Cia di Basilicata è intervenuto anche Alberto Giombetti, coordinatore della giunta nazionale della Confederazione, secondo il quale “per dare valore alla terra, per accrescere la competitività occorre innanzitutto affrontare i problemi della frammentazione e dell’inefficienza, che oggi nel nostro Paese, specie al Sud, caratterizzano tutte le fasi della filiera è necessario favorire le diverse tipologie di aggregazione economica. Le cooperative, le altre forme di Organizzazioni di Prodotto e le reti di impresa possono adeguatamente rispondere alle diversificate esigenze delle imprese ed al loro orientamento ai mercati. Nello stesso tempo è indispensabile promuovere le forme autogestite di regolazione delle filiere, come gli Organismi Interprofessionali, che possono efficacemente sostenere la qualità, abbattere i costi di transazione e di sistema, favorire la più equa redistribuzione del valore aggiunto su tutte le componenti produttive a partire dalle imprese agricole. Nella Conferenza di Bologna l’agricoltura del Sud insieme alla riforma della PAC avrà un peso determinante : non è sufficiente un Ministero per il Sud senza politiche integrate di sviluppo che puntino ad un’agricoltura e ad un territorio di qualità che oggi si impone come fattore trainante di export del “made in Italy”.