Domenica 7 giugno 2020 – Sono loro, i bambini, la vera speranza dell’epoca post Covid. Durante il lockdown sono stati i più sacrificati, rinchiusi in casa a fare compiti, balletti ed esercizi spiegati ed illustrati da maestre e maestri in video-conferenza. Lo hanno fatto sempre con il loro entusiasmo seppur con qualche mamma, forse troppo ansiosa, che, da dietro lo smartphone, incitava loro a non sbagliare.
Hanno affrontato questi mesi di emergenza senza lamentarsi, senza uscire sui balconi a gridare la loro “prigionia”, senza paura di indossare una mascherina. E lo hanno fatto nella consapevolezza di quello che stava accadendo. Convivendo con la paura di un virus, piccolo, invisibile, che poteva uccidere. Molti di loro, quelli più piccoli, hanno conosciuto la morte proprio in questi mesi. Ne hanno sentito parlare per giorni e giorni. E non è stato possibile nascondere loro quello che stava e che sta accadendo.
La foto di copertina è stata scattata ieri a Potenza. Una bambina di 9 anni, accompagnata dalla sua mamma, si è recata nella palestra dove si stanno effettuando i test sierologici disposti dal Ministero della salute. La mamma glielo avrà sicuramente spiegato. “Dobbiamo andare a fare una puntura. È importante per te e per tutti gli altri”. E la bambina ha detto si. È andata. E le hanno fatto il prelievo.
Ci sono poi tanti adulti, invece, che in quella palestra non ci sono andati (ha risposto alla chiamata solo il 42%). Non ci sono andati perché quando sono stati contattati dal numero 0655101060 pensavano fosse un call-center (nonostante la CRI e le varie Istituzioni hanno più volte comunicato di rispondere a quel numero e di partecipare allo screening) e non hanno risposto. Qualcuno non ha partecipato per paura. Qualcun altro non ha partecipato perché ha creduto alla fake news secondo la quale, durante il prelievo, ti inseriscono un microchip sotto pelle.
Ma per fortuna ci sono loro, i bambini: la vera speranza dell’epoca post Covid.