Diciamo subito che dei 413 elettori, 341 pari all’82% hanno votato contro l’accoglienza di migranti a Laurenzana. Quantunque il referendum indetto dal sindaco Michele Ungaro fosse solo consultivo e ritenuto illegittimo dal Ministero dell’Interno, la bassa affluenza alle urne deve pure significare qualcosa.
Proviamo ad interpretarla. Le ipotesi sono due. Prima: gli abitanti di Laurenzana non ritengono che il problema oggetto del referendum sia tale. Semmai fosse vero, il sindaco Ungaro che ha insistito ad indire il referendum ritenendolo comunque una prova di democrazia deve trarre le conclusioni.
Vero è – seconda ipotesi – che la stragrande maggioranza dei votanti ha detto no all’accoglienza di migranti. Un dato che va tenuto presente per rispetto di chi si è recato alle urne.
Le ragioni dell’avversione ad avere migranti in paese probabilmente sono quelle ricorrenti e che sono diventate negli ultimi tempi oggetto di una vera e propria campagna contro chi giunge in Italia per sfuggire a situazioni drammatiche: la paura che la presenza di migranti in casa propria possa creare problemi.
Un luogo comune un problema reale? Ognuno lo valuta sulla base della propria sensibilità. Certo è che il referendum, non condiviso da parte del consiglio comunale di Laurenzana e che ha creato una spaccatura anche all’interno del Pd, partito del quale fa parte il sindaco Ungaro, alimenta quella cultura del rifiuto dell’altro, atteggiamento sul quale – guarda caso – proprio la domenica del referendum, giornata del migrante, Papa Francesco ha invitato a riflettere.
Ripetiamo, massimo rispetto per la volontà espressa dagli elettori di Laurenzana, un paese che non vuole passare per razzista. Lo hanno detto i molti e noi siamo profondamente convinti che tale non è.
Come non lo è la Basilicata, regione che ha fatto dell’accoglienza un punto di forza.
Ricorda Pietro Simonetti, presidente del Coordinamento politiche migranti e rifugiati della Regione. che sono oltre ottanta i Comuni che hanno ciesto di partecipare all’inclusione di richiedenti asilo.
“Si tratta – precisa – della più alta percentuale di territori comunali che includono nel nostro Paese. Aumentano anche i giovani lucani occupati nel settore che superano le 750 unità. Sono oltre 2700 i giovani figli di migranti che frequentano il sistema scolastico e che hanno salvato plessi e scuole.
Gli stranieri iscritti nelle anagrafi comunali sono stati nel 2017 oltre 23mila, più 6% rispetto al 2016.
Per quanto riguarda il contributo al reddito e alle attività produttive – prosegue Simonetti – i dati parlano il linguaggio della realtà: nel 2017, 43mila migranti, in parte in mobilità territoriale dal nord ed altre regioni del sud, sono stati impegnati in agricoltura, lavoro di cura, ciclo delle costruzioni e commercio, circa l’8% della popolazione residente, quindi un robusto contributo alla struttura sociale ed economica della regione.
Si moltiplicano anche le misure di inclusione e formazione dei migranti: parte l’attività dei 240 migranti del progetto Acta di Potenza definito da Regione, Prefettura, Anci e amministrazione comunale per i lavori di piccola manutenzione, pulizia e verde pubblico. Altre iniziative sono in corso di programmazione ad Acerenza, Tito, Brienza, Ripacandida, Senise, Sant’Arcangelo e Ferrandina.
Nel contempo – conclude Simonetti – l’Università della Basilicata ha completato l’iter per l’attivazione del primo master per la mediazione linguistica per l’emigrazione”.
Tutte iniziative che rendono la solidarietà concreta e che aiutano ad accogliere l’altro con meno pregiudizi, alimentati spesso, questo sì, da fatti di cronaca che fanno guardare al migrante come ad elemento di disturbo o, nel peggiore dei casi, ad “un nemico”.
Che questo poi venga strumentalizzato a fini politici è cronaca.