Giovedì 11 marzo 2021 – Perchè pubblicare a distanza dai alcuni giorni della Giornata Internazionale della Donna un documento che affronta i temi sviscerati a tutti i livelli l’8 marzo?
Perchè temiamo che si sia già archiviata la ricorrenza. Che si abbia già riposto nel cassetto tutto quel dibattito che invece deve rimanere vivo. Perchè la questione donna non va archiviata. Deve essere alimentata quotidianamente da quella coscienza civile che deve imporre a ciascuno di noi tutta l’attenzione che merita.
E’ il motivo per il quale oggi pubblichiamo il documento del Presidente del Forum delle Famiglie di Basilicata, Gianfranco Apostolo.
“Cosa significa nel 2021 celebrare la Giornata internazionale della Donna?
Cosa significa in un tempo dominato dalla precarietà e dall’incertezza del lavoro, favorite dalla pandemia in corso, e caratterizzato da relazioni tra uomini e donne non di rado talmente fluide da divenire incapaci di progetto e di generazione, o peggio protagoniste loro malgrado di un “amore” possessivo.
Nel corso del 2020 sono state circa 4.000 le donne lucane che hanno perso il lavoro. Si tratta principalmente di libere professioniste. Ma anche nel lavoro dipendente sono state le donne a pagare il prezzo più alto del Covid-19. Laddove infatti c’è stata una contrazione nell’occupazione giovanile, essa ha riguardato quasi esclusivamente le giovani donne, che hanno subìto l’impatto negativo delle restrizioni sulle attività produttive del 2020 .
Attualmente nella nostra regione il tasso di disoccupazione femminile che si attesta su 13.8% è di 3.2 punti percentuali più alto rispetto a quello complessivo (10.5%): ennesima situazione che penalizza le donne, malgrado un tasso di istruzione superiore a quello maschile.
Ciò rende ancora più difficile la possibilità di piena espressione di sé delle giovani donne lucane, anche dove ciò preveda la realizzazione di un desiderio di maternità, che nella nostra regione è profondamente mortificato da difficoltà lavorative e di conciliazione famiglia-lavoro, dovute alla frequente impermeabilità dell’organizzazione del lavoro rispetto alle necessità della crescita e dell’educazione dei figli, ancora considerati come frutto di una scelta privata anziché, come in effetti sono, bene comune per tutta la società.
Celebrare la donna significa impegnarsi per correggere profondamente le distorsioni di un sistema che la vede sempre sacrificabile per prima. Nella carriera, in famiglia, nei carichi di cura, nelle rinunce.
Significa riconoscere talenti e peculiarità proprie della donna, nella pari dignità, con i medesimi diritti e offrendole le medesime opportunità riservate all’uomo nelle carriere, negli stipendi e nell’organizzazione del lavoro, riconoscendo e salvaguardando lo specifico femminile.
C’è bisogno di costruire un femminismo della differenza, capace di superare quei modelli maschilisti contro cui in passato pur aveva lottato il movimento delle donne. Abbiamo bisogno di un femminismo relazionale e generativo, che affermi i valori femminili contro il machismo e la violenza; e di uomini e donne capaci di impegnarsi insieme per questo”.