Lunedì 30 marzo 2020 – Il signor Vincenzo Di Lorenzo, 53 anni di Potenza, “è giunto all’estremo della sopportazione psicologica, pur essendo io stesso psicologo, di quella fisica e di quella economica”. Lo scrive nella lettera che ha inviato al Presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte.
Una condizione dovuta alla sua disabilità che, quantunque si possa vivere con dignità, alla lunga diventa insopportabile. Non solo per la malattia in sé ma – altra denuncia del signor Vincenzo – anche e, in molti casi soprattutto, per le lungaggini burocratiche che rallentano, a volte vanificano, i provvedimenti che pure vengono adottati a favore di chi ha una disabilità.
Non aggiungiamo altro. Lasciamo che sia il signor Vincenzo a raccontare la sua storia che ha sintetizzato nella lettera al Presidente Conte che pubblichiamo qui di seguito.
LA LETTERA
“Egregio Presidente del Consiglio dei Ministri,
mi rivolgo a lei in questo momento tragico perché, essendo una persona con una una disabilità fisica che comporta la mia non autosufficienza, ma in grado di poter portar avanti la mia vita così com’è, ritengo di doverle chiedere un concreto sostegno.
Sono ormai giunto all’estremo della sopportazione psicologica, pur essendo io stesso psicologo, di quella fisica e di quella economica.
Da molti anni mi batto per il rispetto dei diritti di noi persone con disabilità, perché le leggi vengono promulgate ma trovano scarsa applicazione a causa di una macchina burocratica lenta e farraginosa. È impossibile che una proroga o un nuovo bando richiedano di volta in volta di ripetere tutta la trafila per patologie, come la mia, che non mutano nel tempo, allungando tempi e aumentando i disagi, per chi di tempo non ne ha molto e di disagi ne ha già abbastanza tutti i giorni.
Le chiedo una svolta significativa per far sì che le nostre giornate non debbano solo essere cadenzate da una preoccupazione dopo l’altra, causando anche l’insonnia non sapendo il domani cosa ci riserverà, ma possano contare almeno sulla certezza che quanto dovutoci in base alle norme esistenti, ci venga erogato direttamente, così che la nostra assistenza non debba ulteriormente risultare precaria. Le persone che ci sostengono nella quotidianità e ci permettono di svolgere le diverse funzioni giornaliere, rendendoci la vita più ‘normale’, nelle nostre abitazioni o in strutture a noi dedicate, devono avere la certezza di ottenere il giusto compenso e vivere a loro volta in maniera dignitosa, senza dover chiedere ciò che invece spetta loro.
La saluto cordialmente, in attesa di un suo riscontro”.