Uno spazio espositivo sul tema dell’emigrazione, con particolare riguardo ai temi del viaggio e dell’insediamento, con l’utilizzo di strumenti multimediali, installazioni interattive e arti visive.
E’ il Museo dell’Emigrazione lucana, allestito nel Castello di Federico II a Lagopesole, dove ha sede il Centro di documentazione Nino Calice, su iniziativa della Regione Basilicata e della Commissione regionale dei lucani nel mondo.
Quattro sale dove storie, racconti, personaggi, accompagnano il visitatore nel lungo viaggio fatto per raggiungere la meta dei sogni dei nostri migranti. Un tema, quello dell’emigrazione, di grande attualità che rivive nei ricordi del popolo lucano. Popolo che solo poche decine di anni ha vissuto, anche se in maniera diversa, quello che molti emigrati africani stanno vivendo oggi.
INTERVISTA al presidente del consiglio regionale, piero LACORAZZA
Presidente Lacorazza come nasce l’idea di questo spazio espositivo nel castello di Lagopesole sul tema dell’Emigrazione lucana?
L’idea nasce dalla necessità di alimentare le nostre radici, senza radici non c’è albero, non c’è vita; questo è un modo per promuovere e costruire un grande esercizio di memoria collettiva. Noi viviamo in una società in cui conta l’individuo e l’individualismo, invece questa visione è un esercizio che mette insieme una comunità alla riscoperta delle proprie radici per poter guardare al futuro. Nel futuro si portano anche elementi distintivi, luoghi diversi, che molto spesso la globalizzazione omologa e che a mio avviso non contribuiscono alla costruzione di un futuro migliore.
Una domanda all’uomo e non al politico, cosa pensa sull’argomento dell’emigrazione verso il nostro Paese?
Penso che dobbiamo trasformare in politica questo spirito, questo sentimento solidaristico, questa disponibilità, questa nostra propensione all’accoglienza che è un grande valore degli italiani e dei lucani. Sappiamo che esistono due pilastri da rinforzare in politica; il primo riguarda la ripresa economica, perché un Paese che vive meglio riesce ad accogliere di più e con più disponibilità; il secondo pilastro invece riguarda il modo di organizzare l’accoglienza, non assembramenti in un unico posto bensì ospitalità diffusa che genera anche economia e opportunità sia per le nuove generazioni che per i piccoli Comuni che oggi vivono l’effetto negativo dovuto allo spopolamento e al calo demografico.
INTERVISTA AL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA, NICOLA VALLUZZI
L’emigrazione oggi è sicuramente al centro delle cronache a livello internazionale, qui a Lagopesole si inaugura un museo per “non dimenticare” i tanti lucani partiti dalla nostra regione?
La storia si ripete non si inventa. Ciò che accade oggi ai disperati dell’Africa è accaduto per oltre un secolo a noi e anche se sembra che le condizioni siano diverse in realtà sono sempre le stesse. I nostri contadini erano stati martirizzati prima dai francesi poi dai borboni, piemontesi, e anche loro avevano lo status singolare di rifugiati politici, erano senza patria perché l’Italia si era appena unita ed erano alla ricerca disperata del loro futuro, un futuro non di stenti e di fame.
Oggi è nostro dovere accogliere questi immigrati che arrivano sulle coste Italiane?
Penso di si, comprendo che è impopolare dire questo per quella che è la crisi economica e le difficoltà delle famiglie e dei giovani, ma da soli non ce la possiamo fare. Se il meccanismo dell’egoismo individuale dei singoli Stati dell’Unione Europea si modifica in virtù del principio di comune convivenza e civile accoglienza, forse riusciremo a mitigare il disagio di quei disperati e gli animi dei nostri connazionali.
INTERVISTA AL COORDINATORE DEL PROGETTO, LUIGI SCAGLIONE
Qual è l’obiettivo di questo museo sull’Emigrazione lucana?
Raccontare la storia dell’emigrazione lucana non attraverso elementi statici o rappresentativi delle persone singole ma attraverso le storie di persone che sono un po’ la sintesi di quello che è accaduto agli emigranti lucani. Si raccontano storie vere, quattordici personaggi che ci guidano in questo percorso museale e che ci narrano le loro storie di successi, insuccessi, sacrifici, violenze, angherie ma anche di capacità di resistere portando la lucanità ovunque in ogni parte del mondo. Questa è la storia di gente che partiva senza sapere dove andare. Le agenzie dicevano che andavano in America, ma poteva essere quella del nord come quella del sud, due mondi totalmente diversi che significava un approdo in terre sconosciute. Questo è il senso dell’emigrazione lucana che noi immaginiamo possa essere di esempio per l’emigrazione di oggi.