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Referendum 8/9 giugno: la spiegazione dei 5 quesiti

Redazione 7 Giugno 2025
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Domenica 8 giugno (dalle 7 alle 23) e lunedì 9 giugno (dalle 7 alle 15) gli elettori sono chiamati al voto su 5 referendum abrogativi: 4, promossi dalla Cgil, in tema di lavoro (licenziamenti nelle grandi e nelle piccole aziende, contratti a termine, appalti) e uno, promosso da +Europa, sui requisiti per la cittadinanza italiana. I risultati saranno validi solo se verrà raggiunto il quorum, ovvero se avrà votato il 50% più uno degli aventi diritto. Chi vota “SI” si esprime per la cancellazione delle norme oggetto del quesito, chi vota “NO” per mantenerle valide.

Scheda verde – jobs act e licenziamenti illegittimi

Si chiede l’abrogazione del decreto legislativo 23 del 2015, uno dei provvedimenti attuativi del Jobs act, che norma le tutele in caso di licenziamento illegittimo per i lavoratori assunti dopo il 7/3/2015 nelle aziende con più di 15 addetti.

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Se vince il Sì: anche a questi si applicherebbero le norme valide per gli altri  dipendenti, ovvero la legge Fornero del 2012 che ha riformato l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori del 1970, limitando a pochi casi il diritto al reintegro nel posto di lavoro, ma comunque di più rispetto al decreto 23 che, di regola, prevede un indennizzo fino a 36 mensilità. Che però scenderebbero a 24 in caso di applicazione della Fornero.

Scheda arancione – indennità nelle piccole aziende

Si propone l’abolizione delle norme che fissano un tetto di sei mensilità per l’indennizzo in caso di licenziamento illegittimo dei lavoratori delle piccole imprese (fino a 15 dipendenti) e di 14 mensilità per chi lavora nelle aziende con non più di 60 addetti ma suddivisi in unità produttive con massimo 15 dipendenti.

Se vince il Sì: il giudice potrebbe stabilire un risarcimento superiore a questi  tetti. I giuslavoristi sono divisi sull’ampiezza di questa discrezionalità. Per alcuni l’indennizzo non potrebbe comunque superare i 24 o 36 mesi (secondo l’esito del primo referendum) come nelle grandi aziende. 

Scheda grigia – causali per i contratti a termine

Il quesito mira ad abrogare l’articolo 19 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 che disciplina la durata dei contratti a termine senza causali fino a 12 mesi. Al momento la legge autorizza i datori di lavoro ad assumere con contratti a tempo determinato della durata fino a 24 mesi, ma una motivazione è necessaria solo dai 12 mesi in su.

Se vince il Sì: in caso di vittoria del sì, anche per i contratti a termine inferiori a 12 mesi, le aziende dovranno, fin dal primo giorno, indicare le causali, come da contratto collettivo. Obiettivo dei promotori è restringere il lavoro a termine. Il timore dei contrari è che le aziende assumano meno.

Scheda rossa – appalti e responsabilità solidale

Il quesito riguarda la responsabilità solidale sulla sicurezza sul lavoro. Oggi esiste tra impresa committente e impresa che riceve l’appalto o il subappalto, tranne che sui «rischi specifici» dell’attività di quest’ultima. Si chiede l’abrogazione dell’articolo 26, comma 4, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 che esclude proprio questa responsabilità in solido in caso di infortunio del lavoratore dell’azienda appaltatrice o subappaltatrice.

Se vince il Sì: la responsabilità si estende all’imprenditore committente anche per «rischi specifici». Obiettivo: è contrastare il più possibile le morti bianche. I contrari temono il blocco dei lavori.

Scheda gialla – cittadinanza italiana

Il quesito numero 5 riguarda la cittadinanza italiana per cittadini extra-comunitari maggiorenni. Si chiede di abrogare l’articolo 9, comma 1 legge 5 febbraio 1992, n. 91 solo nella parte sul tempo minimo di residenza legale in Italia, oggi fissato a 10 anni. 

Se vince il Sì: il tempo minimo richiesto si dimezza e lo straniero che risiede legalmente in Italia senza interruzioni da almeno 5 anni può richiedere la cittadinanza italiana, come avveniva prima del 1992. Restano intatti gli altri requisiti (reddito, lingua). Per i promotori 2,5 milioni di stranieri potrebbero diventare italiani a tutti gli effetti. Per i contrari, 5 anni sono pochi per una vera integrazione. 

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