Sabato 7 dicembre 2024 – Hanno inviato anche un esposto alla Procura della Repubblica le associazioni Acqua Bene Comune e Coordinamento nazionale No Triv per denunciare quelle che ritengono essere le irregolarità, le mancanze e le omissioni nella gestione della crisi idrica che da settimane interessa i 29 comuni serviti dallo schema Basento Camastra.
“Chi scrive è ben conscio che l’indisponibilità di acqua può creare impatti igienico-sanitari estremamente rilevanti che è necessario scongiurare anche con provvedimenti eccezionali. Ciò anche al di là delle responsabilità, che pure dovrebbero essere accertate, per essere arrivati a tale condizione così critica.
Esclusivamente in quest’ottica e limitatamente alla questione dei rischi connessi a una crisi idrica di grande portata, – scrivono Augusto De Sanctis (Associazione Acqua Bene Comune) e Francesco Masi (associazione Coordinamento Nazionale No Triv) – comprendiamo la posizione espressa dal Dr. Luca Lucentini dell’Istituto Superiore di Sanità nella nota Prot.49480 del 23/11/2023, parere dove però si ammette testualmente che le conclusioni sono state tratte “sulla base dei pur limitati elementi disponibili in merito alla richiesta” (di Acquedotto lucano, unico documento che risulta essere stato esaminato dall’ISS come risulta dalla nota 1 in calce al parere, ndr).
In realtà, molti dei richiami teorici contenuti in quel parere, ad esempio quelli sull’applicazione dell’art.7 del D.lgs.18/2023, visto quanto sopra illustrato e considerati gli elementi che mettiamo a disposizione e non discussi in quel parere, alla prova dei fatti appaiono privi di un solido collegamento con la realtà e, in alcuni punti, anche scollegati dalle indicazioni e dai limiti fissati dall’Ordinanza di Protezione Civile (che non ha inteso derogare agli artt.80-81 del D.lgs152/2006) che non possono essere certo superati da un parere per quanto autorevole.
Alla luce delle molteplici e oggettive criticità sopra poste, – proseguono De Sanctis e Masi – anche suggerimenti sulla carta molto utili come quelli relativi all’introduzione di precauzioni d’uso per la prevenzione dei rischi, appaiono di difficile concreta applicabilità se utilizzati esclusivamente “a valle”, anche in considerazione dei tempi di risposta che intercorrono tra prelievi e restituzione dei referti con i risultati analitici, durante i quali l’acqua comunque scorrerebbe nei rubinetti delle case.
Gli stessi dubbi li nutriamo, in considerazione di quanto appena sopra ricordato, alla storia recente della Basilicata (dal caso Cova a quello dell’Itrec), delle plurime inadempienze in campo ambientale che nella nostra nota sono solo in parte state ricordate, nonché della stessa situazione che ci stiamo trovando ad affrontare, rispetto ai pur lodevoli richiami relativi alla concreta applicazione delle misure di prevenzione e controllo di cui all’art.7 comma 10 sulla gestione attiva del rischio.
Il parere, peraltro, contiene anche alcuni passaggi che appaiono travalicare alcune competenze, visto che, ad esempio, la caratterizzazione del corpo idrico non spetta né dell’ISS né del soggetto gestore, ma alla Regione (Art. 7 comma 3 lettera a) del D.lgs.18/2023).
Allo stesso tempo si deve ricordare che operare nel pieno rispetto del quadro normativo esistente – compreso appunto quello definito dalle ordinanze di Protezione civile – è fondamentale ancor di più in un momento emergenziale in cui le norme stesse sono poste sotto stress dall’emotività e dal bisogno del momento, onde evitare di scadere nell’arbitrarietà o peggio.
Inoltre, – si sostiene – l’azione dovrebbe essere comunque connotata da quella cautela che qui non sembra essere stata praticata, ad esempio, ricorrendo a specifiche precauzioni e/o limitazioni d’uso che pure la norma ordinaria prevede.
Se si vuole derogare dall’art.80 oppure al sistema di accreditamento dei laboratori oppure ad altri passaggi della normativa sull’analisi di rischio, l’ordinamento individua i decisori che devono assumerne la relativa piena responsabilità davanti ai cittadini. Idem per quanto riguarda il perimetro di azione di un commissario.
Ciò anche perché deve essere chiaro cosa accade quando la finestra emergenziale si chiude, tornando alle norme ordinarie.
In considerazione di quanto sopra evidenziato si chiede: – agli organi inquirenti, di valutare la legittimità dell’operato dei vari soggetti a vario titolo coinvolti e l’eventuale sussistenza di reati; – alle autorità a vario titolo coinvolte, di pubblicare, anche secondo quanto previsto dal D.lgs.195/2005, tutta la documentazione inerente il caso sui propri siti WEB istituzionali (a mero titolo di esempio: valutazioni di rischio se esistenti; analisi di rischio; PSA ecc.) – alle altre autorità, di rivalutare, anche in auto-tutela, le proprie decisioni nonché di provvedere a tutti i monitoraggi secondo le prescrizioni delle norme attualmente vigenti, adeguando altresì i laboratori ai requisiti di legge o ricorrendo a quelli che li soddisfano. – di dare pubblicità alle valutazioni circa le alternative progettuali esaminate e alla loro fattibilità attuale e/o futura rispetto all’emungimento a scopo idropotabile del Basento previa potabilizzazione” concludono De Sanctis e Masi.
Foto di copertina: invaso Camastra