Venerdì 14 luglio 2023 – “Gravissime le affermazioni del presidente Bardi che si permette di entrare a gamba tesa sulle posizioni assunte dalle organizzazioni sindacali.
Un intervento gravissimo, lesivo della democrazia della rappresentanza sindacale libera e autonoma.
Il sindacato risponde ai lavoratori non a chi governa o ai padroni. Ancora una volta si scambiano volutamente posizioni di merito per posizioni ideologiche per puri fini elettorali e per scaricare su terzi il proprio immobilismo e inappropriatezza. Se siamo a questo punto, la responsabilità non è soltanto della crisi congiunturale del settore automotive che è frutto di ritardi su investimenti pubblici e privati su innovazione e ricerca per la transizione, ma anche del governo regionale che ha fatto orecchie da mercante ai continui solleciti da parte della Cgil di tavoli regionali e nazionali per affrontare la questione Stellantis”.
Lo affermano i segretari generali della Cgil Basilicata, della Cgil Potenza e della Fiom Cgil Basilicata, rispettivamente Fernando Mega, Vincenzo Esposito e Giorgia Calamita.
“Come ribadito più volte – sottolineano – non c’è nessuna ideologia nell’affermare che il passaggio all’elettrico deve essere accompagnato da investimenti e nuova occupazione e non da incentivi all’esodo e da trasferte forzate che rappresentano veri licenziamenti e che, secondo i nuovi accordi, coinvolgeranno altri 1200 lavoratori e lavoratrici, svuotando le linee produttive con un ulteriore peggioramento delle condizioni di lavoro, di salute e sicurezza.
Risultano quindi inaccettabili – ribadiscono i responsabili della Cgil – le dichiarazioni di Bardi secondo cui “chi pretende il passaggio all’elettrico tout court e il mantenimento degli attuali livelli occupazionali e dell’indotto scambia la propria ideologia per realtà e prende in giro i lavoratori”.
A prendere in giro i lavoratori e l’intera regione Basilicata è proprio il presidente Bardi quando afferma che la transizione comporta necessariamente degli esuberi e allo stesso tempo un accordo che svuota lo stabilimento Stellantis di Melfi e peggiora le condizioni di lavoro sia in termini di carico di lavoro sia di salario e che pertanto la Fiom Cgil non ha firmato.
Accordo che i metalmeccanici della Cgil lucana non hanno firmato anche perché consente a Stellantis di proseguire con l’insourcing delle lavorazioni e le produzioni provenienti anche dalla componentistica, aumentando il rischio occupazionale.
A confermare la posizione dialogante della Fiom Cgil al tavolo con Stellantis – proseguono i dirigenti sindacali della Cgil lucana – la proposta, purtroppo non accolta, di prevedere ammortizzatori sociali conservativi in caso di esuberi al termine del contratto di solidarietà.
L’ennesima dimostrazione delle intenzioni di Stellantis che persevera in una logica di efficientamento basato sulla riduzione dei costi del lavoro a discapito dei lavoratori. Una logica inaccettabile, che di fatto porta a perdite di posti di lavoro in tutta l’area industriale di Melfi, a partire dall’indotto, su cui non c’è stata alcuna garanzia.
Riportiamo infine giusto alcuni numeri che smentiscono una volta per tutte le chiacchiere populiste secondo cui la transizione energetica comporta inevitabilmente degli esuberi.
L’Agenzia internazionale dell’energia stima che la rapida espansione delle tecnologie per l’energia pulita sarà accompagnata da una commisurata espansione della forza lavoro nel settore energetico che passerà a livello mondiale da poco più di 65 milioni di oggi a 90 milioni nel 2030, tenendo conto sia dei posti di lavoro diretti nei settori dell’energia che di quelli indiretti nella produzione di componenti essenziali per le tecnologie e le infrastrutture energetiche.
L’Aie stima quasi 40 milioni di nuovi posti di lavoro nelle energie pulite entro il 2030, che compenseranno positivamente la perdita di posti di lavoro nelle industrie legate ai combustibili fossili.
Da un resoconto elaborato dal Gse-Gestore servizi energetici, inoltre, emerge che nel 2021 le rinnovabili elettriche occupano in Italia circa 14mila persone tra diretti e indiretti e quelle termiche circa 29mila. A seguito del progressiva diffusione degli impianti per la produzione di energia elettrica da rinnovabili, poi, i dati sugli occupati mostrano un incremento di circa 7mila unità tra il 2013 e il 2021.
Una ricerca del Censis commissionata da Assosomm (Associazione italiana delle Agenzie per il lavoro) evidenzia che nei prossimi 3-4 anni si aprirà uno scenario che potrebbe offrire oltre 150mila nuovi posti nel settore delle energie rinnovabili.
E allora, caro presidente Bardi – concludono Mega, Esposito e Calamita – se c’è qualcuno che “scarica le conseguenze di decisioni ideologiche sui territori e sui lavoratori” non è certo la Cgil”.