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Letto 470mila posti di lavoro di donne persi a causa della pandemia
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Economia

470mila posti di lavoro di donne persi a causa della pandemia

USB - Ufficio Stampa Basilicata 1 Novembre 2020
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Domenica 1 novembre 2020 – La perdita di 470 mila posti di lavoro di donne tra il secondo trimestre 2019 e lo stesso periodo del 2020, per un calo nell’anno del 4,7% (contro un decremento dell’occupazione maschile del 2,7%, meno 371 mila occupati), secondo il report “Ripartire dalla risorsa donna” della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, rafforza l’iniziativa che abbiamo deciso di intraprendere come Comitato Imprenditoria Femminile della Camera di Commercio Basilicata“.

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Lo sostiene Rosa Gentile che è la presidente del Comitato Camerale sottolineando la necessità, nello specifico, di monitorare la situazione di titolari di azienda e libere professioniste che, sempre secondo i dati della Fondazione, hanno subito un calo di 87 mila unità quale effetto prodotto al Covid-19 sul mercato del lavoro. Sono invece 383 mila le lavoratrici dipendenti in meno di cui 243 mila a part time.

Come mette in guardia il report – aggiunge – se la contabilizzazione dei posti persi rende, nei numeri, immediatamente visibile l’impatto che l’emergenza Covid-19 già sta avendo sul lavoro delle donne, vi è un secondo e ancora più preoccupante effetto che potrebbe derivarne, ovvero la possibilità che molte donne riducano il proprio investimento sul lavoro, fino alla scelta radicale di abbandonarlo, anche per via delle nuove restrizioni degli ultimi giorni relative a determinate attività o delle chiusure scolastiche imposte da alcune regioni in modo più stringente rispetto al livello nazionale (si pensi alla chiusura di alcuni livelli scolastici e all’impegno femminile che ne consegue in casa). L’esperienza vissuta durante i mesi di chiusura primaverile ha visto le donne gestire un sovraccarico di lavoro, famigliare e professionale, senza precedenti.

Da un lato, sono state più degli uomini impegnate nell’attività lavorativa, dovendo garantire l’erogazione di servizi essenziali, dalla scuola, alla sanità, alla pubblica amministrazione, tutti settori a forte vocazione femminile: durante quel lockdown ben il 74% delle donne ha continuato a lavorare mentre tra gli uomini la percentuale è stata più bassa (66%).

Dall’altro lato, con la chiusura delle scuole, il tema della conciliazione si è imposto in modo emergenziale, sia per le tante mamme che hanno dovuto garantire la presenza nel luogo di lavoro (si pensi alle lavoratrici in ambito sanitario o della pubblica amministrazione), sia per quante hanno potuto lavorare da casa, dove però i compiti di cura e di assistenza nei confronti dei figli impegnati con la didattica a distanza hanno reso la conciliazione un’impresa a dir poco impossibile.

Il blocco delle attività e la conseguente impossibilità di ricercare un lavoro hanno contribuito a scoraggiare l’offerta di lavoro. Ma le maggiori difficoltà di conciliazione, indotte da un provvedimento straordinario come la chiusura delle scuole, hanno giocato un ruolo altrettanto importante nello spostare verso l’inattività una quota così significativa di donne. Per Gentile bisogna insistere per ottenere che una parte significativa delle risorse del Recovery Fund sia dedicata all’occupazione femminile, investire per combattere l’inattività e il basso tasso di occupazione femminile.

Per questo è più che mai necessario favorire – conclude Gentile – una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro, attraverso misure e strumenti a sostegno delle madri impegnate in un’attività imprenditoriale e professionale. Bisogna cogliere fino in fondo l’occasione straordinaria del Recovery Plan – prosegue – per contribuire a ridurre il gap di partecipazione delle donne al mercato del lavoro, attraverso il rilancio dell’imprenditoria femminile, la creazione di nuove imprese femminili e la valorizzazione del lavoro delle donne coniugata ai valori della persona, della famiglia e del territorio”.

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