Sabato 16 maggio 2020 – Poco meno di 9 anni di reclusione divisi tra marito e moglie per il porno ricatto a un alto funzionario di Acquedotto lucano spa.
E’ questo il verdetto del collegio del Tribunale di Potenza presieduto da Federico Sergi, per Nicola Doria (42) e Giusi Fusco (37), accusati di estorsione aver chiesto soldi all’uomo, sposato, per non diffondere alcune sue immagini “a luci rosse”.
Autoscatti, per la precisione, che lui stesso avrebbe inviato a una bella donna che lo aveva adescato sui social network.
Il collegio ha rivisto al ribasso le pene chieste dal pm Antonio D’Antona, escludendo le aggravanti contestati e concedendo a entrambi le attenuanti generiche.
Così per Doria, assistito dall’avvocato Sergio Lapenna, si è passati da 7 anni a 5 anni e mezzo di carcere più 1.600 euro di multa, mentre per la moglie, Giusi Fusco, assistita dall’avv. Domenico Stigliani, da 5 anni e 3 mesi a 3 anni e 7 mesi più 1.100 euro di multa. I giudici hanno condannato entrambi anche al pagamento dei danni alla vittima, costituitasi come parte civile e rappresentata in aula dall’avvocato Leonardo Pace. Danni che andranno liquidati in separata sede al netto di una provvisionale di 6mila euro da pagare subito come anticipo.
La sentenza a carico dei due sposini è arrivata nonostante le limitazioni per l’emergenza sanitaria sulla base delle direttive della sezione penale del Tribunale, che prevedono il regolare svolgimento delle udienze per i processi con un numero limitato di imputati e parti offese che sono arrivati alla discussione.
A febbraio del 2018 Doria e Fusco erano anche finiti in carcere per questa vicenda. Un arresto in flagranza effettuato dagli agenti della Squadra mobile di Potenza mentre Doria si stava allontanando dal luogo in cui si era dato appuntamento con la vittima, poco lontano dalla sede centrale di Acquedotto lucano. Dopo essersi fatto consegnare 500 euro.
L’inchiesta sarebbe nata per caso, l’anno prima, dalla denuncia di un collega dell’uomo, che era stato raggiunto da una serie di minacce anonime. Per farsi un’idea del contesto e individuare i responsabili gli inquirenti avevano attrezzato una “rete” di intercettazioni. Così è venuto alla luce il porno-ricatto, che non avrebbe nulla a che vedere con le minacce, per quanto queste ultime, nel frattempo, si siano misteriosamente interrotte.
Gli investigatori avrebbero notato, in particolare, «ripetuti messaggi sms» che marito e moglie avrebbero inviato al «dirigente pubblico» preso di mira, «utilizzando diverse utenze cellulari, anche intestate a terze persone», in cui avrebbero fatto «implicito riferimento a presunte richieste di denaro».
In seguito sono stati documentati anche alcuni incontri con Doria che la vittima avrebbe tenuto «riservatamente», nei paraggi del suo ufficio di via Grippo.
Quindi, considerati i precedenti del 42enne, sorvegliato speciale e «pluripregiudicato per reati in materia di armi e stupefacenti, reati contro la persona ed il patrimonio» avrebbero deciso di vederci chiaro in quell’insolita frequentazione.
Convocato dagli inquirenti l’uomo avrebbe infatti ammesso, dopo qualche tentennamento iniziale di essere vittima di un ricatto da parte dei coniugi che nel giro di qualche mese lo avevano costretto a sborsare circa 3.000 euro, con la minaccia di divulgare alcune sue immagini compromettenti.
Il dirigente avrebbe raccontato di essere stato agganciato sui social network dalla Fusco, che lo avrebbe spinto a inviarle delle foto nudo, in una specie di gioco di seduzione al computer. Di qui il ricatto e l’idea degli investigatori di tendere una trappola ai due aguzzini, attendendo una nuova richiesta di denaro. Durante le indagini era emerso anche il sospetto che i due avessero preso di mira, con lo stesso metodo, anche altre persone. Sospetto che, però, non pare aver trovato riscontro.
Articolo di Leo Amato – Il Quotidiano del Sud