Il compito dell’università in Basilicata, il suo rapporto con la regione e con il territorio, le prospettive di miglioramento per l’istituzione e per gli studenti, con uno sguardo necessario al futuro.
“Il compito dell’università per la Basilicata è ancora da realizzare ?” è il titolo dell’incontro organizzato dall’associazione culturale “Letti di Sera” e dal MEIC (Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale) che si è tenuto ieri, lunedì 11 marzo, a Potenza presso la Sala del Cortile del Museo Archeologico Nazionale “Dinu Adamesteanu”.
A discuterne, con analisi e puntuali osservazioni, Vittorio Simoncelli, esperto di sviluppo e valutazione e Mauro Fiorentino, docente Unibas.
L’evento, moderato dalla giornalista Lucia Serino, ha visto gli interventi di Paolo Albano, presidente di “Letti di Sera” e Piero Bongiovanni, presidente MEIC Potenza.

Secondo appuntamento del ciclo di approfondimenti “NarrAzioni”, dedicati a temi importanti per la nostra regione (il primo, lo scorso febbraio, ha riguardato lo spopolamento), l’incontro rivolto a università e ricerca in Basilicata ha voluto offrire una riflessione sullo stato attuale dell’ateneo lucano, luogo di cultura e formazione per tanti studenti, provenienti anche da regioni limitrofe, e luogo che necessariamente deve essere al passo con i tempi in termini di tecnologia, innovazione e offerta formativa.
Criticità e prospettive di sviluppo sono emerse dal dibattito, molto è stato fatto e bene, molto c’è ancora da fare, per quanti desiderino studiare e laurearsi in Basilicata, con l’auspicio di trovare successivamente un’occupazione che permetta loro di rimanere nella regione. Proprio la scarsità di domanda di lavoro, infatti, costringe molti giovani laureati lucani ad emigrare.
In Basilicata, il 29,2% dei giovani non studia e non lavora (i dati per quanto riguarda il Mezzogiorno e l’intera nazione sono rispettivamente del 34% e del 24, 1%); dato incoraggiante è quello dei giovani lucani con istruzione universitaria, pari al 20,1% (sopra la media nazionale).
Abbiamo chiesto a Vittorio Simoncelli quali sono le principali criticità e quali le prospettive di sviluppo.
“Le principali criticità in questo momento sono dovute soprattutto alle immatricolazioni, abbiamo un livello, se pur in crescita, ma ancora 2/3 degli immatricolati lucani studiano fuori. Questo è un dato in crescita ma assolutamente migliorabile, ovviamente per garantire il futuro dell’università ma anche il futuro della nostra regione che purtroppo continua a perdere laureati e ha un’emigrazione intellettuale molto alta”.
“Il placement dell’università è buono – ha aggiunto Simoncelli – la percentuale dei laureati lucani all’interno del sistema nazionale è comunque molto alta, quindi l’università sicuramente ha contribuito a questi dati. Credo che su questo e su questi dati si può lavorare, c’è un potenziale, bisogna metterlo a valore e soprattutto bisogna porsi degli obiettivi misurabili e raggiungibili”.
Cosa può fare il Regionalismo differenziato, che ha menzionato nel suo intervento, per l’università?
“Il Regionalismo differenziato è un argomento ben più grande che comprende l’università ma comprende in particolare l’istruzione e tante altre materie. Il Regionalismo differenziato è neutro da questo punto di vista. Direi che non è solo un problema di risorse, direi di non guardare tanto alle risorse ma guardare i livelli di qualità dei servizi, quindi noi dobbiamo necessariamente avere servizi di qualità e cominciare a correre anche noi piuttosto che sperare che non corrano gli altri”.

Aumentare il numero, già in crescita, degli iscritti, aumentare la capacità di trovare lavoro dunque, ma anche incrementare un’offerta specifica di dottorati e master, ampliare il dialogo con le imprese, valorizzare lo sforzo fatto per i servizi agli studenti presentando l’Unibas come eccellenza, integrare il rapporto tra università e città di Potenza e Matera sono alcune delle proposte evidenziate nel corso del dibattito.
A Mauro Fiorentino abbiamo chiesto: Il suo è uno sguardo interno in quanto docente dell’Università degli Studi della Basilicata. Di cosa ha bisogno l’università per migliorare?
“In questo momento ha bisogno di una politica che le restituisca la possibilità di fare bene. È un momento in cui la scelta nazionale ha messo in difficoltà, fortunatamente non ha ammazzato, realtà come la nostra, come quelle delle isole. Forse abbiamo toccato il punto più basso nel momento in cui prendendo coscienza di un’Italia che privilegia comunque grandi atenei rispetto ai piccoli è il momento in cui si può costruire il nuovo. Il nuovo richiede delle infrastrutture anche di formazione che siano innovative, richiede un partenariato, che sia di qualità, con altri atenei e con realtà economiche, insomma richiede un nuovo modello. Dall’università può nascere un modello interessante anche per territori come i nostri in altri ambiti”.
Nel suo intervento ha fatto riferimento al Decreto interministeriale del 2014 sui costi standard e al Decreto Mezzogiorno del 2018 che in qualche modo penalizzano l’università in Basilicata. Cosa deve fare lo Stato?
“Ormai mi pare che sia cosa fatta, quella è una guerra che si è persa – dice Fiorentino – Speriamo di non perdere quella sulle autonomie differenziate. Lo Stato ha scelto un certo modello di finanziamento delle università che privilegia alcune realtà, prevalentemente i più grandi e quelli più connessi e sopporta, in qualche misura, realtà come la nostra. Ovviamente non si possono immaginare territori come i nostri senza l’università, quindi occorre prenderne atto e far nascere idee affinché si possa sviluppare positivamente il nuovo”.