“Putenza mia bella quant’ sì brutta”. Così cantava Pietro Basentini, indimenticabile studioso di musica popolare, parlando della sua città. Nella sua canzone la sintesi di un rapporto di odio e amore che molti potentini, probabilmente ancora oggi, hanno con la propria città.
Una città, Potenza, che Sergio Ragone ha voluto provocatoriamente riscoprire, attraverso le testimonianze raccolte nel suo ultimo libro #Potenzavisibile.
Perché provocatoriamente? Perché Ragone vuole…suonare la sveglia! Dire ai potentini di uscire dal torpore, da quella sorta di rassegnazione che non fa andare oltre il marciapiede rotto, l’autobus che non arriva, piazza Mario Pagano dove non si può più parcheggiare. Di provare, diciamola tutta, ad andare oltre ai “falsi” problemi. Qualcuno potrebbe però ribattere: ma il cittadino con i problemi, quelli veri, si confronta tutti i giorni. Guai se non fosse così! Ma proprio partendo da questa capacità critica, dal sentirsi protagonisti, dal “sentirsi città”, comunità, Sergio Ragone invita a guardare oltre. Invita a guardare “all’altra” Potenza, a quella che paradossalmente apprezzano coloro che giungono da fuori, da altre regioni, da altre nazioni.
Di questo se n’è avuto conferma lunedì 26 giugno, nell’incontro che Ufficio Stampa Basilicata e l’associazione “Santa Croce in movimento”, hanno organizzato nel giardino di un quartiere cresciuto in maniera asfittica lungo l’unica strada che l’attraversa. Ma quanti, percorrendo questa unica strada, si accorgono che, tra i palazzi, è stato creato un angolo di verde a disposizione di ragazzi ed anziani? Un angolo che grazie all’associazione “Santa Croce in movimento” è diventato luogo di ritrovo e di aggregazione. Non a caso, la presentazione dell’ultimo libro di Sergio Ragone si è voluta fare in questo giardino. Per lanciare un messaggio che parte da #Potenzavisibile per raggiungere quelle coscienze vive che credono nella capacità di riscatto, di uscire dai luoghi comuni che hanno segnato la storia della nostra città e non solo.
Dall’incontro, grazie anche al contributo dei partecipanti al dibattito (oltre a Sergio Ragone: Roberto Speranza, Mario Polese, Piero Calò, Lucia Serino, Davide De Paola, Rocco Catalano, Antonio Candela), ci è parso di registrare proprio questo messaggio. Ci si è chiesto: ma cosa manca a Potenza? Ognuno può dare la risposta che meglio crede. Su un aspetto, però, tutti i partecipanti al dibattito hanno convenuto: la consapevolezza di quanto di buono c’è. Una città accogliente, con angoli suggestivi da scoprire (per chi ha voglia di farlo), addentrandosi da via Pretoria, la strada dello “struscio”, perdendosi nei vicoli del centro. Una città con la sua storia che va riscoperta con la stessa dignità di tante altre, superando quella critica campanilistica che è la iattura di tutti noi lucani.
E lo storico campanilismo tra Potenza e Matera, che neanche l’importante appuntamento del 2019 riesce a superare, ne è la conferma. Ne è la conferma il Capodanno Rai nel capoluogo di regione dal quale Sergio Ragone ha preso spunto per il suo libro. Un evento che, sfatando le tante prefiche, ha dimostrato che anche a Potenza queste manifestazioni si possono fare. Certo, è lo spunto, l’occasione per dire e dirci che dobbiamo pensare positivo. Per dirla con le parole di Sergio Ragone: ”Avere memoria e raccogliere il bene prezioso delle buone pratiche, delle visioni, portando in luce i coraggiosi, gli ottimisti, cloro che non si faranno contagiare dagli scoraggiatori militanti, che hanno un quadro di riferimento più grande e che ci possono condurre lì dove il loro intuito ed il loro talento ci possono far arrivare. Insieme”.
Tra gli ottimisti, consentiteci di inserire anche Ufficio Stampa Basilicata, con l’impegno a raccontare il divenire di Potenza e dell’intera regione, in maniera critica ma anche con la convinzione che sognare si può, soprattutto quando dai sogni possono poi nascere azioni concrete e costruttive per provare ad “abbellire” una città, Potenza, che Rocco Catalano, nel suo intervento, ha paragonato ad “una bella donna, poco curata”.