Mentre continua il dibattito politico alimentato dall’inchiesta petrolio in Basilicata, oggi occhi puntati sul Tribunale del Riesame di Potenza, chiamato ad esprimersi sulle istanze dei dipendenti dell’Eni in servizio nel Centro Olio di Viggiano (Roberta Angelini, Vincenzo Lisandrelli, Antonio Cirelli, Luca Bagatti e Nicola Allegro) e del dirigente della Regione Basilicata, Salvatore Lambiase. I primi sono agli arresti domiciliari. Lambiase ha l’obbligo di non dimorare a Potenza.
I dipendenti dell’Eni sono accusati di traffico illecito di rifiuti pericolosi, avendo contraffatto, secondo quanto emerge dall’indagine dei carabinieri del Noe, i codici dei rifiuti, provenienti dall’attività estrattiva e trasferiti negli impianti di Tecnoparco in Val Basento per essere smaltiti. Della vicenda s’interesserà la Commissione Parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti che domani sentirà il Comandante del Noe dei carabinieri di Potenza, il capitano Luigi Vaglio, in previsione della visita che la Commissione farà in Basilicata dal 19 al 22 aprile prossimi.
Il riesame dovrà anche pronunciarsi sulla richiesta dell’Eni di dissequestro delle due vasche del Centro Olio di Viggiano e del pozzo di reinezione di Costa Molino per poter riprendere l’attività estrattiva ferma, proprio per questo motivo, dal 31 marzo scorso.
Intanto all’esame della Procura i documenti emersi dall’inchiesta, riguardanti i rapporti che Gianluca Gemelli, compagno dell’ex ministro Federica Guidi avrebbe avuto un ruolo importante nel comitato d’affari, nel quale s’ipotizza che possa essere coinvolto anche il Capo di Stato Maggiore della Marina, l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi. Entrambi sono indagati. Saranno interrogati nei prossimi giorni dai magistrati potentini.
E’ il filone siciliano delle indagini, riguardante il pontile del porto di Augusta, i cui lavori di ampliamento sembra che interessassero molto Gemelli, almeno quanto quelli relativi alla realizzazione del centro olio di Tempa Rossa, progetto sbloccato grazie ad un emendamento inserito nottetempo nella legge di stabilità. La telefonata con la quale l’allora ministro Guidi fece a Gemelli per informarlo dell’avvenuta approvazione è stato il motivo per il quale è stata costretta a dimettersi.
Nell’inchiesta Tempa Rossa un ruolo importante avrebbe svolto anche Rosaria Vicino, agli arresti domiciliari, ritenuta dagli inquirenti responsabile di illeciti nei rapporti che avrebbe avuto con le imprese e la Total per favorire, secondo quanto emerge dall’indagine della quadra Mobile di Potenza, componenti della sua famiglia ed amici. Un ruolo strategico il suo, al punto tale che veniva chiamata “la comandante” di Corleto.