Respinge al mittente le accuse il presidente dell’Ente Parco della Val d’Agri e del Lagonegrese, Domenico Totaro. Lo fa, documenti alla mano, durante la conferenza stampa convocata proprio per rispondere a chi accusa l’Ente di aver rilasciato nuove autorizzazioni per attività estrattiva dell’area.
Sentiamolo nella seguente intervista.
Dunque, le autorizzazioni concesse riguardano lavori di manutenzione nelle aree dove già da anni, ancor prima della costituzione del parco, vi erano piattaforme petrolifere. Per il futuro? Totaro lo ha ribatido a chiare lettere: “Nessun’altra autorizzazione sarà rilasciata dall’Ente Parco, tra l’altro – ha aggiunto – abbiamo anche in corso la redazione del Piano del Parco che è strumento di pianificazione importante per rafforzare la valenza naturalistica dell’area protetta.

Per la biodiversità –ha sottolineato infine Totaro- siamo impegnati nell’indagine conoscitiva del valore natura di questo territorio, ma sappiamo già che è notevole e proprio in questi giorni ci stiamo dotando le misure di rafforzamento di tutela di zone SIC e ZPS e abbiamo preso atto delle ZSC, strumenti di maggiore protezione per queste aree di eccellenza nell’ambito di Natura2000″.
Contrario a nuove attività estrattiva il presidente della comunità del Parco, Ugo Salera, il quale, in riferimento alle richieste di concessioni da parte della Shell di Montecavallo, Pignola e La Cerasa, ha invitato la comunità del Parco a pronunciarsi . “Personalmente – ha aggiunto – posso dire che la situazione che vive il nostro territorio non permette assolutamente altre attività di estrazione petrolifera. Siamo in una zona antropizzata, a ridosso di zone abitate e con valenza naturalistica. Il limite delle estrazioni raggiunto è un limite massimo.”
Nel corso della conferenza stampa (presente anche il sindaco di Lagonegro, Domenico Mitidieri) si è anche affrontato la questione del progetto “Security”, voluto e finanziato da ENI in seguito a sabotaggi della rete dell’oleodotto e affidato all’Ente Parco. Di questo ha riferito il direttore dell’Ente Parco, Vincenzo Fogliano, che ha spiegato come “la valenza del progetto non sia solo di natura visiva ma anche tecnologica. Il bando prevede infatti una rete tecnologica e strumentale con metodi e tecniche innovative che si aggiunge al controllo umano e che ha un peso preponderante nell’assegnazione del servizio da affidare”.
Quindi non si tratta di “guardatori di tubi”, – ha precisato – ma di un complesso di figure, professionisti con alta specializzazione, tecnici ed operai”. Quanto all’aspetto economico, ha chiarito Fogliano, “la somma complessiva è spalmata su sei anni, si tratta di 600 mila euro all’anno per tre anni, ai quali si potrà aggiungere lo sviluppo per ulteriori tre anni qualora Eni, che è l’Ente finanziatore, dovesse valutare la bontà del progetto”.
Intanto, in relazione al bando, gli uffici dell’ente fanno sapere che non sono pervenute dagli operatori economici interessati, contestazioni di illegittimità sia in relazione alla natura del bando che ai suoi contenuti. Qualora dovessero pervenire, l’Ente le valuterà con attenzione. Intanto sul sito ufficiale per tutti i chiarimenti è attiva la sezione FAQ.
Sollecitazioni a tenere alta la guardia ed evitare che nuove attività estrattive possano essere avviate nell’area del parco sono giunte da Ennio Di Lorenzo, del direttivo di Legambiente, e dal sindaco di Sasso di Castalda, Rocco Perrone. Quest’ultimo, nel ricordare che in tema di tutela ambientale e della salute “abbiamo un ritardo colpevole che difficilemnte riusciremo a recuperare”, ha auspicato che per il futuro l’Ente Parco” abbia un atteggiamento di avanguardia”.